04 Febbraio 2017
DALL’UNIONE EUROPEA A EUFRASIA
CONTESTI INTERNI E INTERNAZIONALI.
PROSPETTIVE DI SVILUPPO E LORO DIREZIONI.
Confini marittimi, politica estera e difesa comuni: cosa deciderà il Regno Unito del dopo Brexit? E soprattutto, cosa deciderà la Francia? Ecco le nuove sfide che l’UE ha da risolvere a breve. –
Allargamento meridionale e orientale. Affrancamento dalle sopravvivenze e dai ruderi coloniali.
Il Mediterraneo cuore di EUFRASIA.
Aion, mosaico di Sentium
ratto di Europa, Montesarchio
museo del Bardo, Tunisi, leoni
Prima parte
Attraverso la lettura di questo articolo, che si intreccia su più percorsi, riteniamo in particolare che i lettori non specialisti, verso i quali si dirige maggiormente la nostra attenzione, potranno approdare a nuove importanti conoscenze in merito ad alcuni dei più delicati e spinosi aspetti delle dinamiche mediterranee e mondiali e di alcune retrospettive storiche che è necessario richiamare per rafforzare il ruolo della continuità statuale che viene ad afferire all’UE e quindi in ultimo a EUFRASIA (terre d’Europa, Africa, Asia aventi il baricentro nel Mediterraneo).
I lettori potranno altresì conoscere e ponderare le valutazioni e i giudizi in esso espressi, che esplicitano e corroborano le linee di forza che fanno veleggiare le prospettive volte a edificare il futuro euromediterraneo. Potranno così esprimere condivisione o meno.
Si avrà un’ulteriore possibilità di arrivare a una più nitida focalizzazione di queste tematiche, inoltre, grazie alla lettura di quanto presenta l’articolo del Prof. Umberto Leanza, che verrà pubblicato in via separata.*
L’Autore, importante studioso di diritto internazionale, presenta la realtà odierna dei confini marittimi del Mediterraneo centrale alle luce delle trattative ufficiale fra le delegazioni degli Stati interessati.
Tutto questo è importante ai fini di quanto promuove il “Capo Circeo”. Ovvero: maggiore inclusività di Popoli e Stati mediterranei e delle vaste regioni pontico-caspica e russo-ucraina, nel processo di ampliamento dell’attuale Unione Europea e della sua futura trasformazione in EUFRASIA.
La costa mediterranea africana verrà a svolgere dunque un ruolo di primo piano, ad iniziare dalla Tunisia, dall’Algeria, dalla pacificata Libia. **
*L’articolo del Prof. Umberto Leanza (Vice Presidente SIOI, componente del Comitato d’Onore del PECC), che sarà pubblicato a ruota su queste pagine, ripreso dalla prestigiosa Rivista Marittima (mensile della Marina Militare Italiana), affronta le scottanti tematiche dei confini marittimi nel Mediterraneo centrale. Risulterà particolarmente illuminante per tutti i lettori perché getta luce sul confronto fra Italia, Malta, Libia, Tunisia e sulle maggiori problematiche mediterranee.
** Il PECC lascia libertà di utilizzare il materiale pubblicato purché si rispetti in modo rigoroso di evitare di operare interpolazioni e falsificazioni dei testi riprodotti e purché si citino espressamente la fonte e l’autore, e senza volere esercitare alcuna rivendicazione di diritti editoriali o di atra natura in qualsiasi sede.
— Analisi, valutazioni, giudizi, prospettive e linee di tendenza delineate nel presente articolo sono ideazione e elaborazione dell’autore, Domenico Cambareri, quale corredo concettuale atto a divulgare ciò su cui è impegnato il Consiglio Direttivo dell’Associazione Premio Europeo Capo Circeo. Esse non impegnano il pensiero dei singoli componenti del Comitato d’Onore, della Commissione per l’Attribuzione del Premio, delle Rappresentanti del PECC.
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DALLA SOVRANITA’ EUROPEA
A EUFRASIA
PROSSIMA VENTURA
Noi ci muoviamo verso un’ Unione che va be al di là di quella dei Trattati di Roma e del Trattato di Lisbona. Un’Europa che va ben al di là di Aquisgrana e di Ventotene.
Auspichiamo e vogliamo una completa integrazione e inclusività politica, culturale e economica . Assieme alla più attiva, coinvolgente e urgente difesa del futuro delle giovani generazioni euromediterranee e perciò della sopravvivenza di questi popoli.
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Senza enfasi alcuna, nella realtà mondiale contemporanea ultima, il ruolo di assoluto rilievo che rivestono le definizioni amichevoli e pacifiche o meno dei confini marittimi è assolutamente cruciale.
Da queste definizioni, soprattutto alla luce del Trattato ONU di Montego Bay e alla luce di discordanze, contestazioni o violazioni con/di quanto in esso contenuto, discendono pure gli aspetti più controversi e potenzialmente conflittuali nel contesto delle relazioni internazionali e degli scenari in atto e dei loro prossimi e ulteriori sviluppi.*
Ad iniziare dalle linee di forza che i programmi politici e le correlative disposizioni strategiche (su biosfera ambiente e salute, energia sfruttamento del sottosuolo e delle trivellazioni marine e economia con infrastrutture e libertà di commercio e transito navale, aereo, spaziale e terrestre, dottrine d’impiego e apprestamenti militari + intelligence e sicurezza in/ex) dei governi dei Paesi coinvolti indicano e indicheranno, in maniera non necessariamente palese, agli osservatori internazionali, al mondo dell’informazione e ai politici stranieri.
*Ad esempio, la sicurezza cibernetica e quella spaziale hanno già acquisito un loro adeguato profilo. E’ indispensabile che nell’ambito delle relazioni internazionali e delle dottrine giuridiche trovi forte impulso la definizione e classificazione dell’inquinamento ambientale tossico prodotto dalle attività umane di una nazione. Quanto le susseguenti valutazioni e sanzioni per i danni che esso provocherebbe in modo prolungato o comunque definibile rilevante attraverso l’aria e le acque dolci e marine, e quindi venti e correnti: non solo all’ambiente antropico ma alla biosfera di Paesi confinanti o danneggiati in maniera rilevabile. E’ un dato di fatto che le linee di tendenza sono queste e che idrografia oceanografia e meteorologia sono discipline che assurgono sempre più di importanza, come, nell’ambito della salute, genetica tossicologia e endocrinologia.
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Come la storia illustra con tanti esempi e come le dinamiche internazionali più recenti indicano, le relazioni diplomatiche sono suscettibili di repentini deterioramenti, in particolare laddove le frizioni si ripetono in contesti, zone, aree geopolitiche di rilevante persistenza rivendicativa e criticità. Frizioni e deterioramenti che incidono sulle “proiezioni” e “profondità” marittime e oceaniche delle Nazioni coinvolte, sino al punto che gli equilibri complessivi possono risultare perturbati e perfino compromessi. Analisi sulle “profondità” geopolitiche terrestri possono condurre a non dissimili conclusioni.
In tutto questo, la sicurezza di godere rotte di navigazioni assolutamente libere e sicure è il dato prioritario a livello planetario quanto euromediterraneo, specie in riferimento a isole, arcipelaghi, stretti. Il bene della coesistenza e della pace è il suo più importante frutto.
Nella realtà geopolitica in cui viviamo noi italiani e europei – quella mediterranea o euroafroasiatica – questi aspetti sono esaltati al massimo e spesso su di un terreno che rappresenta contenziosi aspri e difficili.
Basti pensare a quelli greco-turchi e ai problemi connessi con la rivendicazione integrale dello zoccolo continentale sia pure davanti a consistenti presenze numeriche di isole e arcipelaghi (il caso greco) che costellano il mare e dunque lo sviluppo costiero della parte continentale (il caso turco).
In assenza di temperata delimitazione di tale rivendicato diritto da parte di uno Stato, innanzitutto del rigetto del rifiuto delle specifiche disposizioni del Trattato ONU, queste pendenze aperte possono risultare bombe a orologeria già innescate.
La casistica è estremamente varia e numerosa ed è ricca di molteplici angolazioni.
Basti pensare ai contesti esplosivi degli arcipelaghi rivendicati da più Paesi nel Pacifico asiatico, contesti in particolare in cui la Cina vuole annettere tutto o quasi entro i suoi Mari Cinesi e perfino costruisce isole artificiali armate al fine di corroborare e imporre come fatto compiuto una rivendicazione che potrebbe essere del tutto infondata. Non meno rilevanti sono le ulteriori esplicazioni che conseguono da tutto ciò, quanto le rivendicazioni di Paesi atlantici latinoamericani in merito ad un’applicazione estensiva della superficie della piattaforma e dello zoccolo continentale al di sotto delle acque, a prescindere dall’esistenza di isole e dalla sussistenza di rilevanti e duraturi aspetti antropici sulla superficie di così grandi spazi marittimi.
O, sempre nel contesto del già citato Mar Egeo, la pretesa turca di volere prolungare le sue acque in un tutt’uno con quelle dell’illegale enclave di Cipro-est. O, ancora, quanto viene a rivendicare Tel Aviv su porzioni marine rivendicate da Beirut e sulle acque dell’Autorità palestinese.
Aspetti di non minore frizione sono rappresentati dalle rivendicazioni su basi geo-antropico-politiche delle acque di golfi/baie storici (ad. es. di Taranto) o quali mere proiezioni artificiali di linee di congiunzione (della Sirte) di territori che non hanno presentato validanti particolarità storiche. Soprattutto laddove le maggiori potenze marittime (innanzitutto, gli USA) non sono disposte a riconoscere la sussistenza di tali requisiti e sono pronte a violare qualsiasi rivendicazione (oltre a Taranto e alla grande Sirte, v. pure USA contro Canada), imponendo con la violazione delle acque contese e quindi con l’esercizio attivo del potere marittimo la vigenza di un “diritto” diametralmente opposto a quello della rivendicazione espressa dal soggetto soccombente.
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In questi contesti mediterranei indicati, siamo direttamente coinvolti in quanto UNIONE EUROPEA, giacché Grecia e Cipro sono Nazioni dell’UE e al tempo stesso – in realtà – Cipro non è altro che un’entità greca.
Ci esprimiamo qui con la massima franchezza e con l’assenza della cautela e del distacco quali indefettibili “virtù” dell’imperturbabile approccio diplomatico, giacché il nostro compito è innanzitutto quello di agire alla luce della storia culturale e civile dei popoli di EUFRASIA e in favore dei suoi sviluppi futuri e non perciò alla luce della passiva ricezione della realpolitik dettata dalle vigenti definizioni di status quo ricevute dal passato più o meno lontano come pesanti e purulente eredità di irrisolti problemi, come è finora avvenuto.
Siamo in dovere di ricordare, entro questo contesto generale, o di informare i lettori che non ne siano a conoscenza, che, come nel caso del Mar Egeo (Grecia e Cipro), Malta non è che un prolungamento geografico costiero e etnicolinguistico siciliano; idem sul piano statuale, considerata pure l’assegnazione “perpetua” ai cavalieri gerosomilitani.
La breve cesura della conquista napoleonica e poi quella di quella britannica, lunga e pesante, che ridusse questa zolla di terra italiana a colonia, non hanno inciso, non incidono e non possono incidere in modo ostativo nelle prospettive del diritto statuale a breve, media e lunga durata sul piano della fondatezza rivendicativa.
La perdurante contemporaneità di questo irrisolto “problema” è costituita da un rudere artificiale dell’eredità postcoloniale creato negli anni ’60 con la concessione dell’ “indipendenza” de La Valletta da parte del governo britannico per incidere in modo duraturo e pesantemente limitativo sulla realtà storica italiana e sulle sue evoluzioni future. Ciò ad onta di decenni di pace dopo la fine del secondo conflitto mondiale e dell’alleanza sussistente fra Regno Unito e Italia in ambito NATO.
I fattori geopolitici e della sicurezza impliciti nella questione hanno assunto e mantenuto, silenti, i tratti salienti sino a oggi.
Le linee di condotta dei governi italiani del dopoguerra sono state quelle di assumere il più basso profilo internazionale e interno possibile e di coinvolgere, a dimostrazione di una “volontà” collaborativa, in un patto di garanzia altre nazioni confinanti, al fine di confermare la “neutralità” di Malta.
Uno strumento diplomatico previdente che riteniamo di validità non illimitata, visto che il processo unitario nazionale non può essere fermato a sole poche decine di miglia della coste della Madrepatria, per continuare a soddisfare chissà quale tardiva, velleitaria e nascosta boria e quale estrema sopraffazione. E al contempo per rimanere esposti a imprevedibili e incogniti eventi futuri che potrebbero tornare a inficiare pesantemente la sicurezza nazionale, sicurezza oggi pure europea.
Tutto questo presenta pertanto aspetti scevri da ogni aspetto nazionalistico, sciovinistico e non accostabile per molti versi alle realtà adriatiche; e rappresenterà la logica conclusione del superamento del passato di sfruttamento coloniale di una porzione del territorio italiano e europeo, ma non la sua rimozione. Non si tratta di riaprire ferite, ma di fare rimarginare quanto è rimasto aperto negli antri bui della storia.
Tutto questo, inoltre, nel superamento dei lasciti più negativi e aspri e meno conosciuti del colonialismo in terra europea, che non vanno ulteriormente nascosti e colpevolmente glissati, transita direttamente nella sfera della più sensibile, aperta, attenta e critica coscienza dei popoli europei d’oggi e dell’Unione Europea e di Eufrasia per essere storicamente assimilata e politicamente resa fertile a giusto nutrimento e vantaggio della nuova comune realtà sovranazionale.