11 Maggio 2016
L’assurdo inverno dell’Europa
L’estate che batte alle porte si preannuncia rovente e al tempo stesso gelida. Rovente, per i forti contrasti che la dilaniano a causa delle immigrazioni nella loro tumultuante totalità, quindi profughi compresi. Gelida, per la spessa coltre di ghiaccio che è scesa nell’ambito delle aspettative di rafforzamento e di sviluppo del processo unitario.
Nei nostri precedenti interventi non ci siamo voluti espressamente soffermare con specifiche sottolineature sul gravissimo e davvero travolgente esodo di genti dall’Africa e dal Vicino e Medio Oriente in Europa, nella non avveratasi speranza che i capi di Stati e di governo dei Paesi dell’Unione e la Commissione Europea riuscissero a risolvere questo drammatico problema europeo scaturito da alcune condizioni di tragica e ad oggi irreversibile degenerazione del quadro politico di queste aree.
Purtroppo, i problemi insoluti e già preesistenti all’interno dell’Unione Europea da più o meno prossime origini temporali hanno interagito in modo distruttivo con questi fenomeni che negli ultimi cinque anni hanno assunto proporzioni più che allarmanti.
L’Europa piange sulla sciatta semplicioneria, dunque, delle élite politiche che l’hanno guidata. A far tempo, ad esempio, dal non avere voluto introdurre già alla metà del trascorso decennio il criterio e i relativi percorsi dell’ “Europa a più velocità”.
Sciatta semplicioneria che così si è manifestata in tutta la sua plateale impotenza davanti allo scatenamento dell’uragano speculativo e al crollo delle borse, dei mercati, delle banche e dell’economia di molti Paesi, a causa di quanto ci è arrivato di distruttivo dagli USA e in via periferica dal Regno Unito e, a macchia di leopardo, da banche speculative di altri Paesi dell’Unione. Cose terribili che hanno lasciato sul terreno masse di disoccupati e crolli delle crescite economiche che hanno raggiunto un alto livello di guardia in Grecia, Ungheria, Portogallo, Belgio, Irlanda, Italia, Spagna e perfino Francia. L’incidenza perdurante della negatività attuale in base ai dati econometrici e sociometrici è ancora particolarmente pesante in Grecia, Paese che vive in una condizione di cronico collasso, e in Italia, Paese in cui l’economia è stata falcidiata per più di un quarto.
Il problema degli immigrati (esuli, regolai, irregolari) è dunque esploso in modo dirompente proprio in concomitanza e in stretta consequenzialità e infine connessione con questa durissima e irrisolta crisi economica europea, in cui la ripresa incerta e intermittente della fase espansiva in Germania e nel Regno Unito certo non può rappresentare la panacea. Specie in presenza di percentuali anche a due cifre della popolazione europea che vive con grave sofferenza economica e sanitaria e perfino in condizione di povertà assoluta.
A far da perimetro estremamente elastico e sempre più debordante e al tempo stesso da centro, non paradossalmente, a quest’insieme di crisi e di insanabili contrasti, è la cruda realtà politica esistente fra Unione Europea e Stati Uniti.
La politica estera degli USA, nel più completo asservimento alla strategia di egemonia planetaria perseguita dall’accoppiata degli strateghi neo-con e dei vertici della speculazione finanziario-economica non si risparmia e non si riposa. Senza ripensamenti e tentennamenti, continua a proliferare instabilità diffuse e croniche e gravi conflitti regionali in tutto il contesto geografico che ci circonda. A tutto questo, l’Europa non ha saputo dire di no ma si è anzi passivamente aggregata nel ruolo di entità politica (complessiva) assolutamente priva di autonomia, assolutamente subalterna. Le eccezioni della parziale autonomia tedesca e delle ancor più parziali autonomie spagnola e italiana non possono costituire elemento di significativo peso e rilievo, purtroppo.
La quasi completa, se non assoluta, subordinazione dei Paesi della fascia orientale dell’UE alle intromissioni e ai condizionamenti statunitensi costituisce il primo grave e permanente vulnus in seno all’Unione. Questa opera di depotenziamento interno dell’Unione e perfino di reale decostruzione – di distruzione – dall’interno, è rafforzata dall’azione non meno disgregatrice attuata dal Regno Unito e dalla Francia. Questi due partner di importanza primaria hanno condotto e conducono una politica estera/industriale/di “difesa” in proprio; una politica estera che non favorisce ma sbarra il passo a qualsiasi possibile crescita di una politica estera dell’Unione, non ha riluttanze nell’ostacolare e danneggiare la politica estera di altri Paesi dell’Unione, si afferma come distruttivo battistrada di operazioni armate a pro dell’espansione degli interventi armati diretti di maggiori proporzioni o per interposti soggetti da parte degli USA e dell’Arabia Saudita in particolare.
In realtà, Regno Unito e Francia esprimono al massimo grado l’assoluta miopia delle loro cancellerie che continuano a perseguire e dare stridente impulso una oramai vieta e inconcludente politica di “grande potenza”, con la boriosa arroganza che l’accompagna, secondo un inveterato cliché pseudodemocratico. Sarebbe invece un contributo formidabile, fondamentale a pro della reale capacità di proiezione politica dell’UE, la conversione della loro azione di inconcludenti e pirateschi battitori in proprio in quella di comprimari promotori di una condotta politica unitaria priva di egemonismi interni e eteronomi.
Georgia, recrudescenze in Iraq, Crimea, area del Don in Ucraina, Siria, promozione delle “primavere arabe” con relativi “moderati” anti Assad con Daesh/ISIS in testa, Yemen …. Libia … Sudan … pace e coesistenza perennemente bloccate in Palestina e popolo palestinese succube delle “silenti” violenze altrui e ruolo dell’Arabia Saudita e dei regnanti degli altri Paesi del Golfo, di Israele, del Pakistan … della deriva di Erdogan che stravolge la realtà interna e internazionale della Turchia, degli USA. Degli USA.
Fatta saltare con tutti gli strumenti possibili della guerra occulta, della disinformazione, della strategia indiretta, dello spionaggio spaziale e elettronico ai fini di un inarrestabile spionaggio economico, con i ”nuovi protocolli” operativi relativi alle asimmetrie geopolitiche; fatta saltare dunque da chi giuda in realtà la Casa Bianca ogni possibile rafforzamento del partenariato NATO-Russia, fatto anzi miseramente naufragare assieme a ogni possibile riavvicinamento odierno tra UE e Russia, con enormi costi economici sociali e culturali per gli “eurorussi”, l’oligarchia speculativa americana gongola, agognando la prossima mossa. Quella del trattato commerciale transatlantico.
Se nessun capo di Stato o di governo dei Paesi dell’Unione avrà il coraggio di denunciare ad alta voce questo; se nessun capo di Stato o di governo dei Paesi dell’Unione avrà questa lucidità politica, chi guida la Casa Bianca gongolerà ancor di più al vedere l’Europa in ginocchio e in pianto alla sua mercé, dall’Asia centro-orientale al Marocco. Fra i Paesi dell’Unione Europea però non potrà essere il cancelliere tedesco – anche se Angela Merkel si conferma nell’essere l’unico vero statista europeo – o il suo presidente; non potrà essere il presidente del consiglio italiano o il suo presidente, giacché la disinformazione griderebbe al revanscismo di queste nazioni. Devono essere i leader di Londra e di Parigi, e/o anche quelli di Amsterdam, di Varsavia, di Budapest, perfino di Madrid, all’estremo occidente non meno condizionata dagli USA.
Soltanto con la condivisione effettiva delle responsabilità, soltanto con una politica estera e di difesa comune, con tutto quanto essa implica e comporta, in uno con la rinuncia al liberismo finanziario e allo scellerato profittevole profitto speculativo l’Europa potrà trarsi dallo stato di fortissimo condizionamento e di soggezione in cui vive. Soltanto così potrà ridare degno slancio al processo di rafforzamento e di ampliamento euro mediterraneo. Soltanto così potrà costruire l’Unione che dovrà offrire alle giovani generazioni prospettive future valide, e porsi come soggetto che persegue un ruolo di stabilità e di comprensione fra i popoli. Nessun antiamericanismo presupposto, programmatico, in pectore, dunque. Semmai cruda esigenza di difendere spazi vitali interni e esterni, spazi di pensiero, cultura, coesistenza, commercio, libertà. Cruda esigenza che all’interno degli USA è più che avvertita da un’enorme massa della popolazione, resa altrettanto soggetto passivo davanti all’onnipotente pervasività dell’odierno oligopolio finanziario e delle mene di un imperialismo che si nutre di fallimenti e di nuovi fuochi sì fatui ma distruttivi.
Questi immani compiti, queste inevadibili responsabilità che ricadono sull’Europa e sulla Russia e sugli statunitensi sono per noi motivo di maggiore impegno intellettuale, culturale, politico per diffondere con rinnovata energia l’idea di Eufrasia per mezzo del Premio Europeo Capo Circeo.