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PALESTINA, IL DIRITTO DI UN POPOLO CHE NESSUNO POTRÀ PIÙ NEGARE

28 Luglio 2024

 

Questa comunicazione pubblica è rivolta pure e innanzitutto agli studiosi, ai diplomatici e agli altri gradi militari, ai docenti di ogni ordine e grado,

ai Capi di Stato – Sovrani e Presidenti -, ai Presidenti delle Camere elettive, ai Capi dei Governi ed ai Ministri e ai Parlamentari e ai loro diretti collaboratori, alle Accademie ed Istituzioni d’Alta Cultura e di geopolitica e Università con Facoltà ad indirizzi attinenti, alle organizzazioni imprenditoriali, al mondo dell’informazione

d’Italia, delle Nazioni dell’Unione Europea, della NATO, del Mediterraneo – Africa settentrionale e Vicino Oriente – e Asia centrale.

 

SIONISMO: FANATISMO RELIGIOSO ESCLUSIVISTA IN PREVALENZA NON SEMITA ED APERTAMENTE ANTISEMITA, PROLIFICATO CON METODI NON PALESI, RADICALIZZATO E RAMIFICATO OVUNQUE. DIVENTATO DA UN CINQUANTENNIO POTENZA NUCLEARE, FINANZIARIA E TECNOLOGICO-MILITARE IN GRADO DI CONDIZIONARE E DECIDERE LE SORTI DI MOLTI POPOLI.

L’ATTACCO AL CUORE, ALL’ANIMA E ALLO SPIRITO EUROPEO È IN CORSO DA TANTO TEMPO, DA MOLTI DECENNI: L’EUROPA CODARDA, L’EUROPA CHE RINNEGA LA LAICITA’ E LA SUPERIORITA’ DEGLI ORDINAMENTI CIVILI SULLE PRATICHE E DOGMATICHE RELIGIOSE E SU SUPREMAZIE DERIVANTI DA DELIRANTI ATTI DI FEDE INVOLVE VERSO IL SUO PROSSIMO SUICIDIO?

QUESTO  È  TUTTO L’OPPOSTO DI QUANTO NOI AUSPICHIAMO!

PRO EUFRASIA

 

PRIMA DI GAZA, DAVANTI GAZA, DOPO GAZA

Abbiamo atteso ben otto mesi prima di scrivere questa comunicazione, volutamente volendoci illudere nel dare possibilità – di possibilità in possibilità – alla nutrita speranza, con realismo e senza alcun cinismo, purtuttavia considerata razionalmente illusoria.

Alla speranza, tuttavia, si devono lasciare aperti sempre più di un uscio. Purché essa non venga considerata sin dall’inizio priva di senno e votata a un cieco miracolismo, foriero di sicuri, prossimi disastri umani, otre quelli che di già vive il Popolo della Palestina. E, in questo caso di perdurante eccesso di inconcludente nostra attendista tolleranza a pro della truce entità criminale sionista di Israele, le tragedie e i disastri umani e politici contro il Popolo della Palestina sono diventati enormi e al tempo stesso pochissimo conosciuti e inemendabili sui piani morale e storicopolitico.

In tutto questo, hanno agito sommovimenti profondi dell’animo e del potente sottosuolo del ‘conscio’. Sommovimenti profondi e condizionamenti estesi e dirompenti che ancora oggi irretiscono, oltre noi, l’intero campo dell’esistenza dei popoli occidentali, ossia europei – euro-orientali, russi compresi – e delle loro odierne e potenti proiezioni antropiche e politico-economiche anglosassoni, e della potenza planetaria di tale lingua, ma etnicamente e socialmente radicalmente mista. E, sul piano finanziario-economico, sottoposta all’imperio sionista che sta a capo del decisionismo politico e dello sfrenato bellicismo kissingeriano della Casa Bianca, ossia i SUA, gli Stati Uniti d’America, e dei suoi presunti ’interessi nazionali’ ovunque ubiqui nel pianeta.

Diciamo subito che il condensato storico – storicoreligioso e del settarismo ideologico-escatologico e politico – con l’enfasi estrema dell’individuazione di questa acme quale nuova pseudomorfosi spengleriana di portata sommamente distruttiva – e pure del radicalismo dell’invasamento, non può non coinvolgere le ulteriori discipline storiche ed etnoantropologiche, psicologia, psichiatria e sociologia, giuridiche, queste ultime quattro preventivamente e correttamente addottorate nel conoscere e trattare argomenti talmente dirompenti e scabrosi di queste categorie mentali e ambiti del conoscere, del credere e dell’agire umano. Anche relativamente all’opera metodica e continuativa di infiltrazione svolta con una visione strategica di lunga durata fra i gruppi imprenditoriali, culturali, politici, sociali costituiti da soggetti che esprimevano ed esprimono le qualità civili dei ceti borghesi, sia liberali che riformisti. Come già era avvenuta con partiti e governi e regimi di diversi e perfino antitetici orientamenti che oggi non esistono, da cui avevano tratto rilevanti e insottacibili benefici.

È d’obbligo ricordare pure la spesso silenziosa ma molto importante non coincidenza storica (etnica, religiosa, morale) e della condivisione delle finalità sioniste da parte di non piccole componenti delle comunità israelitiche europee di lontana ascendenza etnica ‘ebraica’ sia in Europa che altrove, ed oggi in particolare negli Stati Unti d’America (SUA/USA).

Tale fenomeno di ‘mimetico diffusionismo sionista’, per di più agente nel contesto storico mondiale da due secoli e mezzo, come indicazione di massima, pare che da nessuno di quanti ci hanno preceduti e dai noi, ultimi contemporanei dell’oggi, sia stato visto, individuato, indagato, correttamente compreso. Eppure, lo avevamo e lo abbiamo ancor di più davanti agli occhi, in tantissimi, variegati, sterminati aspetti e manifestazioni, tutti i giorni. Proprio tutti i giorni.

 

Da questi veloci rilievi, emerge, in e con retrospettiva, la tardiva ed ancora appena iniziale comprensione del fenomeno del sionismo, quanto l’estremo grado d’intossicazione indotto e prodotto dalla sua disinformazione sistemica, che ha intenzionalmente provocato la disintegrazione delle capacità critiche individuali, sociali, collettive e pubbliche europee e statunitensi. Tutte le strutture sociali e istituzioni culturali europee e soprattutto statunitensi, con tempi e misure diverse, ne sono rimaste moralmente e mortalmente irretite.

Questo è un primo, impietoso e fulmineo dato anamnestico e diagnostico delle nostre reali condizioni di subalternità mentale e culturale, di inaccettabile ebetismo (pure autogenerato) rispetto a più di due secoli di avvenimenti sionisti travolgenti e appena intravisti nelle nebbie delle apparenze create da queste distorsioni e aberrazioni indotte e da noi recepite, ma pure create dalla sicumera psicologica della scontata quanto erronea certezza della superiorità mondiale dell’eurocentricità, dapprima cristiana nei suoi declinati versanti, e poi alfine laica, nel monopolio delle fallaci cifrature ideologiche.

 

Si dirà: ma allora, dopo tanta incommensurabile credulità, dobbiamo tornare a prestar fede al libello dei “Protocolli di Sion”? No di certo, ma assolutamente considerarli, considerare il libello dei Protocolli sotto una più distaccata, critica e argomentata luce interpretativa, questo sì.

Bisogna liberarsi il più possibile dalle catene delle più diverse credulità.

Quel libello è oramai fonte di forti stimoli e domande, dapprima non fatte e ingurgitate nel corso della sua apologetica esaltazione, poi invece represse e seppellite. Qui possiamo solo dire che esso, in forma molto dilatata e romanzata, di fantasia popolare, presentava dei dati su fatto in pieno svolgimento che stavano e ancora stanno al di fuori della portata e dell’orizzonte delle comuni conoscenze storiche delle nostre contrade occidentali e meridionali su ciò che accadeva e continuava a svilupparsi in seno ai Paesi dell’Europa centro-onrientale e dell’Asia occidentale e centro-orientale, immenso impero zarista in testa.

In pari tempo, dobbiamo di dovere indicare che, già prima degli innesti funesti dei nuovi percorsi dell’escatologia abramitico-israelita nel contesto ideologico e politico russo e dell’intera Europa, avvenuti nelle vicende russe nel volgere fra i due secoli XIX e XX, per le derive sanguinose del rivoluzionarismo (‘umanista’) paradisiaco e a-messianico, a metà ‘800 negli Stati Uniti d’America affioravano e agivano e si affermavano in modo energico e potente organizzazioni pre-sioniste (che oggi sono all’apice della loro potenza), del tutto neglette dalla nostra rozza, ottusa e refrattaria comprensione storica. Comprensione storica caratterizzata ed affetta pertanto dall’assenza generalizzata delle dimensioni diacroniche storico-religiose (entro il palinsesto delle dinamiche politiche, economiche e sociali) e di quelle storiografiche forgiate fra l’incudine e il martello delle invisibili temperie dei nuovi zeloti.

A causa delle anzidette tare endemiche prodotte dalla dilatata e ossessiva introiezione del  ‘senso di colpa’ per le plurisecolari discriminazioni attuate nei confronti dei diretti discendenti degli ebrei abramitici e mediterranei e dei cosiddetti ebrei o israeliti o, correttamente, dei nuovi ‘giudei’ euroasiatici (neoconvertiti e prolificati) da dopo l’VIII secolo dalle chiese cristiane (cattolica, ortodosse, protestanti) e dalle subalterne istituzioni civili, si dovette attendere. Cosa attendere? Ad esempio, che nel Regno Unito l’azione affrancatrice e stabilizzatrice della Massoneria moderna aperta ai non operativi o ‘accettati’ (in riferimento ancora e solo alla coesistenza dei fedeli delle diverse confessioni riformate nelle logge) desse ulteriori frutti nel contesto sociale e cultuale-religioso. E così pure, che si affermasse nell’Impero absburgico il processo di radicale e definitivo sovra ordinamento civile su quello religioso, conclusosi in modo molto positivo con il giuseppinismo: ciò fu preparatore e precorritore, infine, del codice napoleonico che promulgò le nuove leggi civili dei diritti e dei doveri. Cosa che determinò lo storico, conclusivo affrancamento dei ‘nuovi cittadini’ di fede abramita-israelitica e la chiusura dei ghetti. Svolta rifiutata sia dagli oltranzisti cristiani assertori del ‘deicidio’ quale colpa da espiare in perpetuo, sia degli irriducibili oltranzisti della cosiddetta quanto sempre presunta ‘purezza’ della favolistica popolare della fede rabbinica.

Quindi, in tutto il contesto specifico cronologicamente contemporaneo, a prescindere dalla indefessa azione del ben vivente e ottimista e idealista e utopista borghese tedesco ‘londinese’, appartenente a tale ascendenza di fede, Carlo Marx (sposo di una baronessa che depauperò, sorella del potente ministro degli interno di Prussia), positivista e teorico del sistema socio-economico anarco-collettivista che da lui prese il nome, e fondamentalmente agnostico, anzi, ‘ateo-materialista’, nell’accezione del termine riferita a quel quadro culturale di metà ottocento in giù.

Ma, invece, con la sottolineatura della creazione del leninismo entro il fomite escatologico ‘giudaico’ e altresì della rivoluzionaria rottura e distruzione che esso produsse della centrale aspettativa messianica, vediamo come l’azione travolgente delle interazioni fideistiche giudaiche si dispiegasse sempre più velocemente come nuova interpretazione e nuova brama della rivoluzione del ‘messianismo umanista’ ateo-materialista e delle sue decise ed esaltanti ambizioni di realizzare sul piano temporale le sue finalità edeniche, a pro dei popoli e degli uomini non più anonimi e senza volto nel proscenio della storia umana.

A fronte di tutto questo, su altre direttrici e su altri contesti, come quello statunitense, l’azione degli zeloti contemporanei avrebbe avuto ed ha ancora differenti ed antitetiche modalità di affermazione. Specie nel campo delle concezioni monetarie e finanziarie.

Senza volere suscitare scandalo, pensiamo per un attimo a cos’era avvenuto qualche secolo prima nel contesto delle violentissime guerre di religione europee, in cui il calvinismo intraprese e seguì un percorso di mistica e prassi teologico-salvifica del tutto differente dalle altre chiese riformata, e di come il suo sbocco sarebbe diventato primaria matrice nella formazione del profitto propria al capitalismo moderno. Non per nulla, forse, è proprio negli Stati Uniti che sia avvenuto questo particolare incontro fra capitalismo calvinista e neo-zelota.

Per necessità, volendoci avviare ad una veloce conclusione che però includa a volo d’uccello tanti altri riferimenti non qui focalizzati e presentati on modo specifico; volendoci affrettare verso questa conclusione, non possiamo passare sotto silenzio che il progetto della famigerata Agenzia ebraica è stato quello del ‘ritorno nella propria esclusiva terra’: invasamento cultuale praticato nell’educazione fideistica quale ossessiva e permanente fissazione autogalvanizzante, da realizzare al prezzo dell’esistenza del Popolo della Palestina, della sua eradicazione dal suo suolo patrio. Una mole immensa di documenti, compresi quelli dei neozeloti statunitensi, attesta questa degenerazione di ataviche e ‘romantiche’ pulsioni senza sbocco guaritore sin dall’800: eliminazione degli indigeni impuri e generale processo di colonizzazione dei figli del popolo d’Abramo provenienti dalle terre eurasiatiche e dalle più diverse etnie. Progetto a cui perfino il regime nazista dette una sua strumentale collaborazione.

L’esistenza del regime dell’entità sionista è garantita dagli USA al fine di affermare l’incontrastata ed assoluta egemonia sui Paesi dei grandi giacimenti petroliferi del Vicino Oriente.

Errore enorme nella realtà planetaria e regionale odierna, che non è quella dell’età di Nixon e del suo consigliori H. Kissinger. L’incapacità degli strateghi dei SUA di uscire da questo carcere d’onnipotenza e di liberarsi dal dannato dogma kissingeriano non fa altro che accelerare il processo del tramonto del potere della Casa Bianca in modi sempre più caotici e conflittuali. Tutto questo comporta pure ’l’accentuarsi e l’aggravarsi delle dimensioni dei ricatti statunitensi nei confronti dei propri ‘alleati’ e ‘amici’ ed a rafforzare la distruttiva connivenza con l’entità sionista.

Non bisogna dimenticare che la nascita di questa entità fu stabilita da una società delle Nazioni in cui i Paesi nel suo seno presenti erano ancora pochi e che essa era niente altro che l’espressione potente ma ultima del colonialismo euroamericano moderno-ì e della prima contemporaneità. Tracotante manifestazione d’onnipotenza che fu ed è infiltrata a tutti i livelli – burocrazia della Società delle Nazioni compresa – dagli agenti e dalle élite sioniste. Da questo ultimo contesto, nacque il via al suicidio dell’Europa laica. Da esso nacque l’assurda e non valida ratifica della pretesa di folle di invasati, fanatici religiosi delle più differenti etnie di volersi costituire in popolo di fede (e di falsa etnia) su una terra altrui, da lì nacque la follia di voler privare un Popolo della propria Patria e della propria esistenza.

Nel concludere davvero, dopo tante precisazioni su ciò che è ebreo e non ebreo  – sull’antica equivocità ed erroneità del termine ellenico e latino  – visto che ebreo non poteva e ancor oggi non può essere sinonimo di abramita; e che la legione romana intervenuta dalla Siria salvò dal massacro i non ancora massacrati ebrei non abramitici rimasti credenti nei loro antichi dei, e quelli abramitici, mosaici troppo ‘tiepidi’ nelle pratiche cultuali, non possiamo che condividere e sottoscrivere quanto conclusivamente scrisse un coinvolgente, brillante e tragico  personaggio ‘euroasiatico’, importante ‘ebreo’ ‘comunista’ e agente operativo nella guerra civile spagnola, poi diventato brit e sir, Artur Koestler nel suo libro ‘La Tredicesima tribù’. Cosa scrisse, in conclusione? Che sin dall’antichità, per gli ininterrotti apporti di altre popolazioni semitiche non canaanee e di quelle di altre grandi famiglie (camiti, indoeuropei), parlare di ebreo in senso etnico(religioso) è un’oziosa amenità. Non solo, aggiungiamo. Lo è pure l’usare la malnata metafora della tredicesima tribù.

Contro gli invasamenti occulti e palesi di rabbini e di testi eclettici sin dalle loro origini (‘bibbia’), contro la supremazia impositiva ed esclusiva delle fedi – di qualsiasi fede – sulle libertà di pensiero e di scelta degli uomini. Per una grande comunità dei nostri popoli e delle loro culture, sotto l’egida dei doveri e dei diritti, ‘Pro Eufrasia’.

Pro altre grandi comunità di popoli nelle altre grandi regioni della Terra. Senza la rivendicazione di alcun popolo come prediletto da dio, dagli dei, senza la pretermissione di esclusivismi.

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