20 settembre 2014
GUERRA CIVILE IN UCRAINA, E NON SOLO
L’erronea condotta politica dell’Unione Europea ha ingenerato lo sconquasso che tutti stiamo vivendo con trepidazione. – Le azioni russe lungo i bordi delle province ucraine ribelli non sono accettabili ma sono più che comprensibili. Di chi davvero sono le colpe in misura maggiore? – E’ indispensabile recuperare e rilanciare i grandi ideali di allargamento nel profondo Est. In questo, oltre Kiev anche Mosca è orizzonte storico e del futuro prossimo dell’unione dei popoli europei. – Speriamo che le priorità che qui abbiamo delineato vengano alacremente perseguite dalle diplomazie durante i mesi del prossimo autunno e del prossimo inverno. Aspettiamo trepidanti la prossima primavera come importante momento di verifica.
Il trascinarsi della crisi internazionale a far data dal 2008, che ha coinvolto e coinvolge l’Unione Europea anche con suoi gravi attriti interni, continua a produrre profonde ferite nei sistemi economici e sociali europei. Queste ferite hanno assunto dimensioni enormi in Paesi europei in cui le riforme strutturali interne già languivano per l’incapacità riformatrice dei governi e dei parlamenti nazionali.
Perfino la locomotiva tedesca morde il freno, mentre l’economia francese stenta non poco nella ripresa e quella italiana è inchiodata in una condizione di perdurante deflazione. La realtà inglese non fa primavera.
Certo è che la crisi, esportata dagli USA e, purtroppo, dal sistema finanziario inglese per primo in Europa con l’immissione nel mercato mondiale degli “hedge found” tossici, ha dilatato e riplasmato i suoi contorni.
Ad essa si è affiancata e con essa ha interagito su un arco temporale più ampio una serie di scelte politiche prioritarie non rese mai chiaramente palesi ai cittadini dell’Unione Europea.
Ciò oggi rivela i profondi danni prodotti nel corso degli ultimi venti anni, e soprattutto nell’appena trascorso decennio.
Intendiamo riferirci in modo preciso e inequivocabile alle scelte strategiche inadeguate, erronee e inaccettabili, a nostro avviso, che l’Unione Europea ha espresso a proposito del suo allargamento ad Est.
Noi riteniamo che il differenziale demografico tra Europa e Russia costituisca non un ostacolo insuperabile ma un fattore ricco di profonde e feconde conseguenze.
Noi riteniamo che il differenziale spaziale tra Russia ed Europa costituisca non un ostacolo insuperabile ma un fattore ricco di profonde e feconde conseguenze.
L’Unione Europea non è troppo popolosa per la Russia. La Russia non è troppo grande per l’Unione Europea. Questi fattori prioritari sono invece espressione di lusinghiere e ricche prospettive di complementarietà e di integrazione civile, economica e politica.
Non si tratta di semplice differenza di lettura e di interpretazione ma di messa alle catene dell’unico valido, propulsivo e storico progetto di ampliamento ad Est dell’Unione Europea. Un ampliamento che nella storia ritrova i mille e mille rivoli che hanno convogliato energie incontenibili verso questo destino dei futuri comuni orizzonti, ripetutamente deviati dal naturale corso dalle ambizioni dinastiche, etniche, ideologiche.
L’erronea condotta politica dell’Unione Europea, basata su ripetuti niet, ha alfine ingenerato lo sconquasso che tutti noi oggi stiamo vivendo con trepidazione non motivata da paure esclusivamente fondate sulla possibile grave carenza di rifornimenti energetici da parte della Russia.
La condotta politica dell’Unione Europea e della NATO è purtroppo andata acriticamente a rimorchio delle scelte dei governi degli Stati Uniti a far data dalla creazione dell’entità artificiale del Kosovo e della denominazione ufficiale della Macedonia ex Jugoslava. Ciò produsse già a suo temo gravi frizioni interne con la Spagna e con la Grecia. In particolare, gli errori occidentali (UE, USA, NATO) in merito alla campagna bellica contro la Serbia per il Kosovo dimostrano retrospettivamente come la linea dei “falchi” sia stata quella vincente ma al tempo sesso come essa abbia lasciato dietro di sé tutta una serie di disastri politici rimasti sono ad oggi insoluti anche nella cruciale regione caucasica.
Dopo il partenariato tra NATO e Russia e il concreto rafforzamento dei legami tra Unione Europea e Russia, nella realtà delle cose la politica statunitense ha operato in maniera tale da dimostrare come il suo reale fine fosse quello di isolare la Russia e di frapporre insanabili contrasti fra essa e l’Unione Europea.
Questa linea è nitida: diktat implacabili alla Serbia; Georgia come chiave di volta per l’aggiramento della Russia da sud fino al nord Europa da un lato e al cuore dell’Asia dall’altro; blocco dell’ingresso della Russia nel mercato del commercio mondiale (WTO) fino a due anni fa mentre la Cina veniva fatta entrare nel 2002 (provocando un repentino sconvolgimento planetario del commercio); rivoluzionarie profferte di rifornimento transatlantico di gas al posto di quello russo (e algerino e trans-caucasico ?). E, infine, crisi tra Russia e Ucraina, con annessione russa della Crimea e guerra civile ucraina nelle regioni centro-sud orientali.
L’Unione Europea ha agito con previdenza, con giudizio, con saggezza? L’Unione Europea ha dimostrato volontà di anali, di comprensione dei fenomeni, di lungimiranza? E’ difficile potere dire di si.
A prescindere da motivazioni dettate da simpatie a pro del movimento di protesta ucraino del 2012 e del 2013 e dagli esiti conclusivi delle vicende interne di Kiev, la degenerazione politica interna dell’Ucraina – Paese estremamente fragile anche sul piano economico e in particolare della dipendenza energetica – è sicuramente stata prodotta dall’eccesso di garanzie occidentali espresse soprattutto dagli USA e, in Europa, dal Regno Unito, dalla Germania e dalla Francia in favore di Kiev e volutamente incuranti delle esigenze russe, negativamente sollecitate con ripetute “aggressioni” geopolitiche. Ciò ha determinato un’ulteriore convincimento russo del volere ad ogni costo isolare e accerchiare politicamente e economicamente Mosca.
Come non considerare quanto i russi dovevano alfine pur considerare?
La guerra civile ucraina e la gravissima crisi fra Russia e Unione Europea costituiscono per noi una terribile battuta d’arresto del processo unitario. Il “cuscinetto” del popolo ucraino, popolo russo sovrano “in proprio” rispetto a quello di Mosca, era e dovrà tornare ad essere condizione irrinunciabile dell’attuazione dell’allargamento dell’Unione Europea ad Est. Il processo di integrazione passa da Kiev per irradiarsi sino a Mosca e da lì alla Siberia estrema.
La “profondità” geopolitica del grande Sistema Europa, dal Mediterraneo e dall’Atlantico a Vladivostok potrà rendere la futura Unione Europea un soggetto continentale in grado di esprimere in modo eccellente le condizioni sia terrestri che marittime e la loro ottimale interazione, così come accade per gli USA e, in via minore, per la Cina e per l’India, e per come accadrà per il Canada e l’Australia. Essa potrà dare adeguate risposte alle esigenze materiali della popolazione di questa Europa che dall’Ucraina e dall’Anatolia si estende nei grandi spazi euroasiatici; e potrà dare un rinnovato, grandioso impulso culturale e di civiltà, ricreando in maniera egregia l’osmosi del mondo romano entro questi più ampi confini.
Oggi, tuttavia, siamo di fronte al questa dolorosa e sanguinosa calamità. La guerra in Ucraina segna la linea dell’orizzonte oltre cui si è abbassato il sole. Il 2014 non è un anno prodigo, è un anno infausto per l’Europa. Sarebbe mera consolazione nascondersi dietro i recenti avvenimenti interni dell’Unione Europea, come il rinnovo delle cariche della Commissione Europea e il semestre di presidenza italiana.
Bisogna ridare grande impulso ideale al processo di allargamento europeo e forte determinazione per conseguire un preliminare, indispensabile affrancamento dalla grave e cronica subalternità europea agli USA e realizzare con Washington rapporti politici privilegiati alla luce di un oggettivo equilibrio fra i rispettivi interessi. Rapporti politici che segnino al contempo il contenimento” delle logiche ad escudendum e apertamente conflittuali attuate dai circoli monopolistici d’oltre oceano.