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Unione Europea: crisi interne e sua maggiore forza. Sfide americana e cinese e nuove linee d’intesa 1.

18 Aprile 2019

 

 

Unione Europea: crisi interne e sua maggiore forza.

Sfide americana e cinese e nuove linee d’intesa 1.

 

 

 

 

 

 

Veniamo a scrivere queste note, dopo quelle di gennaio sulla Brexit rimasta imbrigliata fra le reti della Camera dei Comuni, in giorni in cui le dinamiche dei prosceni intracomunitari, intraeuropei Russia compresa e euro-mediterranei, euro-asiatici, planetari in generale e euro-statunitensi e euro-islamiche in particolare sono diventate a dir poco accentuate e ricche di forti chiaroscuri e di malcelati contrasti.

In questa veloce ricognizione, verremo a toccare aspetti problematici e spinosi, a maggior ragione perché la nostra non sarà solo tale ma pure, in modo doveroso, una comprensione in profondità di tali dinamiche alla luce di ciò che noi proponiamo e per cui riteniamo più che utile e più che necessario spendere le nostre migliori risorse ideali e intellettuali. Alla luce delle nostre premesse, che poi sono le nostre finalità, vengono presentate dunque e altresì le linee di questa auspicabile futura conduzione europea.

Non vi è dubbio che le energie di aggregazione e di coinvolgimento ulteriore nel e del processo unitario europeo sono da tempo scemate. Non si tratta solo di una comprensibile crisi di crescita e di fenomeni di ripensamento e perfino di rigetto.

Lasciamo qui stare le problematiche inerenti Brexit si Brexit no. Su cui ci limitiamo a dichiarare quanto segue: l’assunzione e feroce dichiarazione di una posizione di rottura dalle sponde dell’oltre Manica era da attendere prima o poi, e così è stato. Essa si è nutrita per lungo tempo in modo non sotterraneo dall’avere avuto riconosciuto i governi di Londra condizioni di speciale privilegio all’interno dell’Unione, a iniziare dal settore agricolo. Tali condizioni si sono vieppiù accentuate davanti alle politiche nazionali condotte dai governo inglesi da un lato e da quelli di diverse Nazioni, a iniziare della maggiori, quali quelle guidate dai governi di Berlino e di Roma dall’altro sia in politica interna che internazionale. In particolare, da parte dei governi italiani. Si sono altresì vieppiù accentuate davanti alle decisioni comunitarie di dare finalmente il via a una politica di promozione di processi industriali e di primi e limitati approcci organizzativi e operativi nel campo della difesa comune europea.

E’ da non sottacere, in queste righe, che il dogma del liberalismo inteso come liberismo non può continuare a svolgere la funzione di architrave, giacché i dogmi ideologici in questo campo dimostrano la loro valenza non perpetua e perciò la loro pericolosità. Deve essere riconosciuto in modo doveroso il diritto alle giovani e alle future generazioni di scegliere liberamente quale ulteriore via individuare e intraprendere. Del pari, le costituzioni delle Nazioni aderenti non possono imporre in modo imperativo e esclusivo un dettato che pretenda di avere valore e durata temporale perpetui. Ciò vale anche per la Germania. E’ una mistica del dogma politico fuso in un tutt’uno con quello economico. Sono queste costituzioni che vanno adeguate, nel definitivo superamento di un sovranismo anacronistico che precede e genera quello apparentemente antitetico dei movimenti protestatari nati per reattività indotta.

 

Ricordiamo che noi proponiamo non una collaborazione e un’integrazione più o meno estesa nel campo della politica estera e di difesa quanto l’ avvio e il termine conclusivo del processo di integrazione e di unificazione della politica estera e di difesa da parte delle Nazioni che fanno parte dell’Unione Europea.

Parlare di una difesa delle Nazioni europee che rimangono ciascuna “sovrana” è esprimere parole prive di senso, se non di senno. Così come in campo finanziario e monetario.

Comprendiamo che molte di queste affermazioni sono soltanto il risultato spesso comprensibile e certo non giustificabile e da respingere fermamente quando l’umore e il tono che le informano sono irati e rancorosi. Risultato dei fenomeni fortemente distorsivi e iniqui prodotti e indotti dalle politiche comunitarie – tanto del Consiglio dei capi di Stato e di governo quanto della Commissione quanto del Parlamento europei – nelle diverse società nazionali.

Le distorsioni e degenerazioni e strumentalizzazioni ideologiche e politiche che ne sono nate sono sotto gli occhi di tutti: le nuove mappe sociali e i correlativi indicatori statistici ci esplicitano le presenze di fratture anomale e profonde. In particolare e con sfumature e delle peculiarità diverse, in Francia, Germania, Belgio, Italia, Svezia, Regno Unito. Ma con fattori prevalenti comuni.

Contenuti problematici sui quali tutti siamo chiamati a interrogarci. Ognuno ha davanti a sé uno specchio intemerato, privo di aberrazioni ottiche e d’introspezione.

 

Riuscire a imbrigliare i nostri pregiudizi e a passare al vaglio le nostre certezze è un onere a cui non possiamo sottrarci. Anche se esso comporterà una necessaria e inevitabile accelerazione e conclusione del circuitare senza termine le élite: circuitare che offrirà finalmente più vie d’uscita tali da porre termine all’autolesionismo politico e alla mummificazione comunitaria e della sua burocrazia.

L’inadeguatezza incontestabile di queste leadership è un dato acquisito, consegnato dalle più crude cronache e analisi: esso non è o non soltanto è di natura ideologica e forse non è solo di natura anagrafica. Da diversi anni, l’attacco più pericoloso allo sviluppo e al rafforzamento dell’Unione Europea non viene soltanto da parte del migliore amico e alleato, gli Stati Uniti, ma dal prevalere degli attacchi e degli arroccamenti fra i governi degli Stati nazionali.

I governi nazionali non hanno davvero compreso cosa significhi che la prima generazione europea in senso pieno è nata, e che bisogna programmare e governare in funzione dei suoi preminenti interessi.

Essi, pregiudizi e presunte certezze, e perciò incomprensioni imprevidenze inadeguatezze devianze travisamenti errori, obiettivamente nascono dal processo di esaurimento e stasi delle energie aggregative a motivo dei limiti dei contenuti culturali e politici che costituivano la forza propulsiva originaria di questo processo e degli addizionali attriti nati e mersi dopo il troppo repentino allargamento a Est, pur nella comprensione delle urgenze geopolitiche (che non furono risolte ma insaccate e portate nella casa dell’UE).

Limiti che in maniera alfine dirompente si sono manifestati, non ultimo a causa tanto del manifestarsi e poi prevalere di interessi nazionali di carattere euro-egemone, tanto dal manifestarsi e cronicizzarsi di gravi inadeguatezze politiche da parte di esecutivi di Nazioni maggiori e minori (Italia soprattutto, Spagna, Belgio, Grecia), tanto dal prevalere di logiche di esclusivi interessi nazionali da parte delle Nazioni di nuovo ingresso (Europa orientale) davanti a problemi indotti dalle complesse dinamiche non solo esterne quali quelle dell’invasione e distruzione della Siria e delle molteplici immigrazioni clandestine. Paesi che hanno ricevuto e ricevono quantità enormi di benefici e aiuti finanziari da parte dei maggiori partner comunitari.

Affermiamo esplicitamente che questo stato di cose è causato pure e tuttora dal diretto concorso di politiche aggressive e apertamente belliciste, scioviniste e neo neo-colonialiste compiute dai governi inglesi e francesi ripetute volte. Politiche che contrastano apertamente con i principi e gli obiettivi dell’Unione Europea. Esse sono risultate più o meno apertamente colluse con quelle condotte dagli Stati Uniti, da Israele e dall’Arabia Saudita in modo particolare.
L’accentuata destabilizzazione delle aree contigue e di vitale rilevanza per l’Europa è stata estesa enormemente. Oggi UE e Russia, a causa dell’addizionale loro accentuata miopia, sono state letteralmente insaccate dalla strategia statunitense della destabilizzazione in uno con le profferte e le minacce che in ambito commerciali gli USA conducono da anni e che in questi giorni stanno ricevendo ulteriore impulso da parte dell’amministrazione Trump.

Bisogna prendere atto che democrazia, liberalismo, libertà, liberi commerci sono diventati meri slogan e che le norme statunitensi in materia commerciale si rivelano essere anche di natura terroristica.

L’Unione Europea, pur con le sue debolezze e crisi intestine, ha saputo tenere testa brillantemente dapprima alle profferte di Obama e fino ad ora, con minor forza, a quelle di Trump. Uniti, gli europei siamo la prima potenza commerciale. E culturale. Oltre Atlantico, la potenza finanziaria e militare egemone questo non lo accetta e ricorre a misure di ricatto e di dazi suppletivi e di embargo a catena. Allibire: è qui un eufemismo.

Un vero e proprio stato di impazzimento che dimostra non più illimitata arroganza ma essere pronto a alzare la posta, o, come si diceva in tempi di guerra fredda, il grado di spiralizzazione del confronto, facendo ora unilaterale ricorso a ogni strumento diretto e indiretto di condizionamento, minaccia. Se io non commercio con quel Paese, o tu ti adegui e blocchi pure i tuoi commerci, o ti scrivo nella lista di proscrizione e ti impongo l’innalzamento dei dazi e probabili embarghi e sanzioni.

Questa costante della politica palese e occulta USA va definitivamente fermata e rigettata con fermezza sia nei rapporti bilaterali che nei rapporti all’interno e all’esterno del WTO. Ne trarranno giovamento sia il popolo statunitense sia tutti gli altri attori di riferimento.

E’ indispensabile che l’Unione Europea rappresenti ai think tank della strategia a stelle e strisce e al volitivo e imprevedibile loro presidente in carica che i loro interessi planetari non coincidono sempre con i loro reali interessi nazionali.

E che, su ambedue questi piani, gli interessi prioritari e gli equilibri delle aree strategiche per diretta connessione politica e economica e geograficamente contigue all’Unione Europea e all’area di EUFRASIA vanno rispettati e salvaguardati pure da intromissioni occulte. La regione di sovraesposizione critica estmediterranea – arabo – persica e ipocentri palestinese e iracheno deve essere punto di definitivo riflusso della politica d’intromissione americana, avversa a ogni coesistenza e pacificazione fra popoli e Stati ivi presenti e esportatrice di guerre endemiche e di massacri passati sistematicamente sotto silenzio.

Ciò significa: stop a ulteriori operazioni di destabilizzazione fin lungo tutto il trans Sahara meridionale e le relative coste oceaniche; preservazione dell’accordo sul nucleare e libertà di commerci con l’Iran; ripristino dei commerci e delle comuni intraprese anche nei settori ad alta tecnologia e delle intese diplomatiche dell’UE e della NATO con la Russia, suo rientro nel partenariato attivo con l’Alleanza; salvaguardia della stabilità degli odierni confini euroasiatici; alt all’allargamento della Nato e blocco della sua odierna dottrina e sua revisione globale; regioni del Mediterraneo meridionale e orientale compresa la fascia caspico-caucasica meridionale: zone di vitale interesse europeo.

Queste precise linee saranno atte a fondare per la prima volta su criteri e condizioni di equilibrio e parità fra i due partner atlantici le loro nuove relazioni amicali e di alleanza. Relazioni a cui l’Unione Europea non ha intenzione e volontà di rinunciare, e che non precludono l’amicale, pacifica presenza e partecipazione degli USA. Relazioni salde che non disconoscano allo stesso tempo interessi e preoccupazioni americani prevalenti ma mai esclusivi in altre parti del pianeta.

 

 

 

Eufrasia

 

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