27 Febbraio 2018
… la speculazione sul profitto speculativo sta declassando lo spirito europeo e mortificando oltre misura i suoi ideali e le sue aspirazioni…
EUROPA CAPTIVA
Europa, Europa,
perché mai inarrestabili attriti interni, incontenibili egoismi e distruttivi autolesionismi dei governi ti avviliscono e soggiocano ?
(prima parte)
Europa sottratta a Zeus?
Europa prigioniera degli artefici dell’euro?
Il contesto delle relazioni comunitarie, sia pure in presenza di un’estesa ma meno solida conferma degli ideali europei da parte dei maggiori partner, continua a presentare un quadro di accentuate divaricazioni e di contrasti sia all’interno di molte Nazioni sia nelle relazioni multilaterali e bilaterali.
Da dove iniziare? C’è solo l’imbarazzo della scelta. In questa prima tornata, ci limitiamo ad alcuni aspetti.
All’interno della Francia, la politica del giovane presidente Macron nel rilancio della produzione industriale e del recupero delle esposizioni finanziarie è ancora in frenata. C’è da esprimere dubbi sul fatto che ricette di politica neoliberista possano risolvere i problemi a lungo termine. Per intanto, Macron naviga sul come rientrare al di sotto della soglia europea del 3% del rapporto deficit/pil la cui formulazione risale alla fine degli anni ’80 (autore il ventenne funzionario Guy Abeille) al presidente Mitterand.
Le relazioni bilaterali con la Germania risultano eccellenti, ma Parigi arranca a tenere il passo con l’accorta politica estera e di difesa di Berlino, che ha già attuato i primo passi concreti con altri governi per l’enucleazione di unità militari nazionali integrate in unità operative multinazionali di corpo d’armata a guida tedesca.
Politica estera e di difesa germanica che, in piena antitesi con quella francese e con quella inglese, evita di farsi coinvolgere oltre contenute soglie simboliche ( e obtorto collo, per non rendersi invisa al maggiore e iroso alleato in seno alla Nato ) nell’intervento in aree di conflitti. Politica estera e di difesa che perciò può dedicare maggiori energie a rinvigorire le linee di una leadership in ambito UE non soggiacente ai potenti condizionamenti statunitensi nell’ambito di rapporti commerciali transatlantici già ben conflittuali.
Quindi, in misura minore, vogliamo sottolineare, la parziale condivisione formale tedesca degli obiettivi strategici atlantici e (in modo vistoso a differenza di Parigi) delle susseguenti partecipazioni dirette alle azioni belliche, soprattutto quelle in violazione della sovranità di altri Stati. Violazioni e aggressioni occulte e/o palesi.
La vetusta strategia francese sulle modalità di proiezione di potenza accompagnata dalla diretta, arbitraria “interferenza” armata attraverso guerre non dichiarate come continua ad accadere in particolare in Siria, sulla falsariga degli USA, conferma e rimarca il deprimente e paralizzante contesto in cui è costretta a muovere i primi passi la cosiddetta PESC, ovvero la politica estera e di difesa europea.
Con l’Italia, Parigi ha alzato parecchie volte il gomito in modo spregiudicato in più contesti, anche estremamente delicati. E’ chiaro che il presidente francese e il suo governo abbiano approfittato, come pure hanno fatto il suo predecessore all’Eliseo e quelli inglesi (Cameron, May) e tedesco, dell’ininterrotta condizione di fragilità politica interna dell’Italia e dell’instabilità e inadeguatezza delle compagini governative che si sono succedute.
Il redde rationem conclusivo in tutto ciò è l’avere accresciuto i non equilibrati e non trasparenti rapporti all’interno dell’UE e di avere abbassato la soglia di credibile reciproca affidabilità.
Gli effetti negativi, prevedibili o meno al momento della ratifica dei trattati comunitari via via redatti, che si sono manifestati oggettivamente come tali non hanno mai portato a considerare con spirito di aperta condivisione, comunanza l’esigenza di porre rimedio a questi errori e di agire con concordia in questa direzione.
Si tratti di questioni finanziarie, come nel caso della Grecia, dell’Italia (sin dalla nascita dell’euro) e di altri Paesi, o di quella dell’immigrazione di africani neri, maghrebini, asiatici di origini indiane o di altre etnie o sudamericane e sui criteri attuativi relativi allo smaltimento delle loro collocazioni o di altre materie ancora. Si tratti in particolare della vistosa e perdurante défaillance degli ultimi governi italiani in merito all’incontenuta irruzione di clandestini e al palese, negativo condizionamento su di essi esercitate da contesti interni ideologizzati in maniera repentina e virulenta a pro di un malinteso se non apertamente erroneo e demagogico concetto “glocal” .
Per cui, ai Paesi più deboli si è applicata una drastica e artificiosa tabella di cura basata su penalizzazioni moltiplicate a livello esponenziale: in campo monetario e finanziario e nel campo degli investimenti, questo indirizzo è risultato non più solo biasimevole ma fortemente pernicioso e fonte di grave recessione economica. Per di più, i criteri sul contenimento della spesa pubblica e sul rientro dal disavanzo sono stati applicati e continuano ad essere applicati secondo determinazioni che violano in mondo continuativo il contemplato principio di uniformità dell’applicazione delle regole.
Certo è che un’Europa a incontrastata dominanza germanica non potrà che produrre frane già nel prossimo futuro e a nulla potrà servire come consolazione alla grandeur francese l’essere ad essa associata su di un piano del tutto formale.
Non vogliamo incolpare i governi e i ministri della finanza e dell’industria tedeschi di avere tutte le responsabilità su quanto è finora accaduto. Quanto porre in rilievo che in situazioni delicate e perfino cruciali per gli interessi e la salvaguardia del diritto a potere operare investimenti per r&s e per incrementare l’indice delle attività produttive da parte delle Nazioni assoggettate a un quadro di rientro dal debito particolarmente oneroso si è operato e si opera ancora in maniera profondamente iniqua da parte del Consiglio dei capi di Stati e di governo e di quelli dei loro ministri, delle Commissione europea, della Banca centrale europea.
L’adozione di misure drastiche non poteva, non può e non potrebbe superare i limiti della concreta attuabilità a fronte del dilemma: o fallimento di un’intera Nazione e della sua economia o della sua possibilità di conservare ristretti e qualificati spazi di manovra d’investimenti produttivi e infrastrutturali e di salvaguardia di aree d’impiego lavorativo essenziali alla sopravvivenza della produzione, dell’organizzazione sociale e del mercato interno e della tutela delle fasce più deboli.
Per quanto gravissime possano essere state le colpe dei governi che si sono succeduti, ad esempio in Grecia o in Italia o in Portogallo, non si può negare a un popolo, a uno Stato questo diritto di salvaguardia minimale del futuro.
Ristretti e qualificati spazi di manovra, assolutamente qualificati quanto controllati sia a livello comunitario sia da parte della troika finanziaria internazionale.
Ciò è stato ripetutamente violato, visto che sono state imposte misure draconiane di natura totalmente o quasi finanziaria e monetaria. Tagli di bilancio attraverso licenziamenti su larga scala, compressioni stipendiali, depauperamento della spesa sociale e… abbattimento degli investimenti. Misure atte, guarda caso, a impedire con metodo e con scopo la possibilità di accantonare contenute risorse dal rientro del debito per poterle dedicare immediatamente alla crescita economica. Pazzia pura e semplice.
Misure alternative, queste, che in un arco di medio-lungo termine non potranno che favorire l’accumulo di risorse “fresche” aggiuntive da destinare al debito.
La speculazione sul profitto speculativo sta declassando lo spirito europeo e mortificando oltre misura i suoi ideali e le sue aspirazioni.